Medicina Nucleare Pediatrica: il bambino al centro di un lavoro di squadra

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Marica Garganese

Marica Garganese


Ho accolto con entusiasmo la proposta dell’amico Alfredo di raccontare l’attività di un reparto di
MN dedicato solo ai bambini. Alla mia risposta affermativa mi ha mandato un saluto a suon di
“Pizzica” per le nostre comuni origini salentine.
Ecco… lavorare con i bambini è come ballare la Pizzica, un lavoro incessante che ti sfinisce ma che
ti lascia un senso di grande gratificazione.
Sono circa vent’anni che lavoro nell’unico centro italiano di Medicina Nucleare esclusivamente
dedicata ai bambini, più di dieci che lo dirigo…
Non c’è stato un solo giorno in cui non ho percepito la grande responsabilità di dovermi
confrontare con i genitori, di rispondere alle loro ansie con una rassicurazione o con un abbraccio
ideale, a volte anche reale, per accogliere lo sconforto.
Ha detto Michael Jordan: “Il talento vince le partite, ma il lavoro di squadra e l’intelligenza vincono
i campionati”.
Nel nostro reparto questo si sperimenta tutti i giorni. La possibilità di fare quello che si deve fare,
sempre allo stesso ritmo, è merito di un grande lavoro di squadra.
Si… perché ai bambini non basta entrare in un reparto “decorato”, devono percepire il clima
giusto, devono sentirsi accolti e rassicurati; i collaboratori devono costruire un habitat umano che
ridimensiona l’asetticità di un reparto ospedaliero.
E la nostra è tutti i giorni una sfida di squadra a che tutto questo si ripeta senza deflessioni…con lo
scopo di arrivare all’obiettivo evitando sedazione ed anestesie generali su bambini che sono
costretti a farne tante in altri ambiti.
E la squadra deve lavorare nella stessa direzione nel rispetto della qualità.
Qualità per i bambini è sicuramente un esame condotto bene ma non solo. E’ anche il rispetto
della loro sfera, l’attenzione a non far provare dolore che è senza dubbio quello fisico ma anche
quello emotivo, quello che gli impedisce di collaborare.
E’ l’attenzione, che è anche un dettame legislativo, a ridurre al minimo la radioesposizione. E per
farlo bisogna mettere in atto, a parte la scrupolosa osservazione delle linee guida e delle
raccomandazioni delle Società Scientifiche, anche la collaborazione con la Fisica Sanitaria che
lavora al nostro fianco e ci aiuta a controllare che tutto sia fatto nel modo più accurato possibile.
E il modo più accurato si realizza senza mai abbassare la guardia sull’efficienza delle
strumentazioni (calibratore di dose, gammacamere), sull’adeguamento dei protocolli in relazione
all’evoluzione tecnologica tenendo conto dell’età e del peso, sul rispetto dell’LDR,
sull’implementazione degli studi dosimetrici.
Un gran lavoro fatto di tempo impiegato e di collaborazione.
L’altro aspetto, anche più impegnativo, della nostra disciplina è la terapia radiometabolica.
Fino al 2013 il nostro reparto era un piccolo servizio di diagnostica, tutta la diagnostica, ma
soltanto quella. Nel 2013, quando il reparto è stato ristrutturato e adeguato alle norme vigenti,
l‘attività è stata anche implementata con un letto per la terapia, con l’attenzione di progettare un
ambiente che accogliesse anche il genitore.

Contestualmente all’inizio dei lavori di ristrutturazione ha avuto inizio un intenso studio insieme ai
colleghi della Fisica Sanitaria per essere in grado di cominciare a trattare i bambini, avendo messo
a punto tutto quello che era necessario per eseguire la dosimetria.
Questo perché non è pensabile, a mio avviso, dopo tanti anni di lavoro solo con i bambini, non
avere un quadro completo del trattamento, risvolti dosimetrici inclusi.
Il nostro lavoro quindi si è orientato sempre in questa direzione, sfruttando la diagnostica per
avere contezza di che estensione di malattia andiamo a trattare e la dosimetria per verificare che
abbiamo fatto il meglio per il bambino e pianificare il proseguimento per eventuali terapie
successive, oltre che, con l’avvento del D.Lgs 101, di aver risposto all’indicazione normativa.
Anche in questo caso l’impegno è necessariamente massimo e richiede da parte del personale una
dedizione e una formazione che non ammette deflessioni.
Fare uno studio dosimetrico, con le immagini, i prelievi e i conteggi al corpo intero a ogni bambino
che viene trattato è un impegno, da parte di tutti, veramente grande, oltre che una mole di lavoro
e di radioesposizione per il personale tecnico che deve ottenere la collaborazione del bambino per
eseguire tante immagini, spesso tomografiche.
Significa inoltre fare tutto questo ottenendo la collaborazione dei genitori e portarli ad aiutare il
personale, senza caricarli dell’ansia per la buona riuscita.
Significa preoccuparsi della vita di relazione del bambino e fare in modo che possa tornare alla sua
vita normale, con gli amici nel più breve tempo possibile….
Non è semplice riuscire ogni giorno ad ottenere i migliori risultati possibili. Ed è triste, per chi si
dedica al lavoro con così tanta dedizione imbattersi in esami fatti male, in referti scritti peggio, in
somministrazioni di attività che non trovano riscontro in nessune delle indicazioni…
Diceva Mark Twain “Ci sono due tipi di persone. Quelle che fanno le cose e quelle che affermano
di averle fatte. Il primo gruppo è decisamente meno affollato”.
Forse per lavorare con i bambini, e solo con i bambini, non baste dire di fare le cose, bisogna
averle fatte e bisogna continuare a farle sempre nel modo migliore, sempre con l’attenzione
massima, sempre con persone motivate.
E allora …


Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per
tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma
insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.
(Antoine de Saint-Exupéry)

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