sabato, Aprile 27, 2024
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Radiomica

di Barbara Palumbo

La ricerca di terapie personalizzate, volte ad individuare la terapia più indicata  per quel preciso paziente, tenendo conto dell’unicità che lo caratterizza, è alla base della “Medicina di Precisione”, che si avvale di un approccio multidisciplinare, non necessariamente legato agli stereotipi della medicina convenzionale.  In tale ambito le tecniche di intelligenza artificiale (AI), applicate  alle diverse branche della medicina ed in particolare alla diagnostica per immagini, forniscono un contributo di grande interesse e potenzialità.

Nella radiodiagnostica e in radioterapia le tecniche di AI sono state impiegate con successo da molti anni, come testimoniato da un’ abbondante letteratura internazionale.

Nell’imaging di medicina nucleare l’impiego di tecniche di intelligenza artificiale, quali il Machine Learning, il Deep Learning e, più in generale, le varie tecniche ascrivibili alla Radiomica, hanno contribuito alla possibilità di ottenere una “computer-aided diagnosis” che può rappresentare un utile ausilio diagnostico.  Gli ambiti clinici più significativi di applicazione di tali tecniche in medicina nucleare corrispondono alle patologie neurodegenerative ed oncologiche. 

In ambito neurodegenerativo gli studi principali sono rappresentati dall’impiego di tecniche di AI per la diagnostica differenziale tra le varie forme di demenza, tra cui in particolare la malattia di Alzheimer, la demenza a corpi di Lewy, la demenza fronto-temporale ed i parkinsonismi con demenza. L’elaborazione e l’analisi quantitativa “computazionale” delle immagini consente di ottenere una classificazione automatica di malattia e di definire criteri diagnostici e valori di cut-off che rivestono un potenziale rilevante impatto clinico, qualora correttamente riproducibili. 

Similmente in ambito oncologico le tecniche di AI, consentendo di ottenere parametri quantitativi estratti direttamente dalle immagini, possono contribuire all’individuazione della neoplasia, al grading di malattia, alla prognosi e alla valutazione della risposta alle terapie. 

Tra le differenti tecniche di AI, la  Radiomica rappresenta la più impiegata  in campo  oncologico. Nella sua accezione più generale la radiomica può essere definita come l’insieme di metodi che permette di estrarre informazioni di tipo quantitativo dalle immagini mediche, informazioni che sarebbero altrimenti difficilmente individuabili tramite la semplice osservazione visiva.

La diagnostica per immagini fornisce infatti, oltre alle classiche immagini che i medici sono abituati ad interpretare sulla scorta della loro esperienza, una grande quantità di dati numerici che la semplice osservazione visiva non consente di rilevare. L’analisi delle immagini tramite algoritmi matematici permette invece di estrarre dati quantitativi oggettivi e ripetibili che vanno oltre la normale interpretazione qualitativa.

Nella diagnostica per immagini e più segnatamente nella medicina nucleare,  l’estrazione di dati quantitativi da immagini diagnostiche ottenute tramite PET, CT e MR  offre la possibilità di migliorare l’accuratezza diagnostica e prognostica delle metodiche di imaging. In campo  oncologico, in particolare, l’utilizzo della radiomica permette di studiare parametri quali la forma e la tessitura (‘texture’) di tessuti sani e neoplastici in modo non invasivo, tanto che alcuni autori si spingono a definire la radiomica come una sorta di “biopsia in vivo”. Sempre maggiori sono le evidenze scientifiche che indicano come i parametri oggettivi di forma e tessitura correlano con diversi endpoint clinici, come ad esempio la progressione di malattia, la risposta alla terapia e l’aggressività della neoplasia. 

Il processo di analisi delle immagini con tecniche di radiomica prevede sei fasi: 1) acquisizione delle immagini; 2) pre-processamento; 3) segmentazione; 4) estrazione delle feature; 5) post-processamento;  6) analisi dei dati.

L’intervento del clinico risulta particolarmente critico nella fasi 2) e 4): ovvero quella di  segmentazione (i.e., identificazione e contornazione della regione di interesse) e quella di selezione dei parametri quantitativi da utilizzare (feature). Oltre a ciò, un prerequisito della radiomica è quello di avere a disposizione una serie sufficientemente ampia di dati relativi a casi già classificati da poter utilizzare per dedurre informazioni sul caso in esame.

Dopo l’acquisizione di immagini PET/CT o PET/MR deve essere effettuata una successiva segmentazione automatica o manuale, che, nell’elaborazione digitale delle immagini,  consiste nella  partizione di un’immagine in regioni significative.  In ambito medico nucleare esistono diversi metodi di contornamento per  definire il volume di una lesione captante il radiofarmaco. I sistemi di contornamento automatico, non sono sempre precisi ma sono abbastanza facili da utilizzare, mentre i  sistemi di contornamento manuali, seppure più difficili da utilizzare, permettono di contornare perfettamente la lesione. 

I metodi classici impiegabili possono essere suddivisi in “visivi” o “a soglia”. Il metodo “visivo” è rappresentato dalla delineazione manuale dei contorni e risente di alcuni fattori tra cui i livelli scelti nella finestra di visualizzazione e la variabilità nei giudizi sia tra osservatori differenti che nello stesso osservatore in sessioni differenti di analisi, mentre i metodi “a soglia”, a soglia fissa o a soglia variabile, nella pratica clinica sono utili poiché riducono la variabilità intra- ed inter-operatore.  Nei metodi a soglia fissa vengono inclusi nel volume da contornare tutti i voxel con un valore superiore al valore di soglia costante scelto. Il valore soglia è pari ad una percentuale del SUVmax all’interno della lesione (generalmente 40% o 42%) o ad un valore cut-off di SUV assoluto (ad es. 2.5 rappresenta il classico cut-off proposto dalla letteratura per differenziare una neoplasia da un tessuto sano). I limiti di questo metodo sono la mancata considerazione di  alcuni fattori tra cui l’attività del background, la dimensione dell’oggetto e le disomogeneità di captazione del radiofarmaco nel contesto dello stesso tumore. Alcuni autori preferiscono fare dipendere la soglia dal SUV medio all’interno della lesione piuttosto che dal SUVmax, per utilizzare un parametro più omogeneo. Nei metodi a soglia variabile si considera normalmente il  SUVmax all’interno del volume e la soglia viene definita considerando il rapporto Target/Background mediante algoritmi iterativi. 

Successivamente si procede all’estrazione delle feature dal volume segmentato. Tali parametri vengono estratti dalla distribuzione del radiofarmaco, considerando i rapporti tra le varie aree di diversa captazione di radiocomposto e la morfologia geometrica delle lesioni. Infine le ultime fasi consistono nel post-processing e nell’analisi dei dati. In sintesi si può affermare che la radiomica e più in generale le tecniche di AI, permettono di ottenere un’analisi dei dati più raffinata e completa della semplice analisi statistica, generando modelli matematici di previsione del pattern diagnostico di una forma patologica, che dovrebbero descrivere perfettamente la malattia ed essere riproducibili.

Sebbene la radiomica possa essere e sia stata applicata con successo ad immagini ottenute con qualsiasi  radiofarmaco positrone-emittente, buona parte degli studi disponibili nella letteratura internazionale impiegano immagini PET/CT con 18F-Fluoro-desossi-glucosio, probabilmente per la maggiore disponibilità del radiofarmaco e quindi di database omogenei e numerosi. I parametri quantitativi che si utilizzano come descrittori sono i seguenti:

Rapporto T/N (rapporto tra segnale del tumore T e dei tessuti normali N):  E’ facile da misurare, ma presenta alcuni limiti. Ad esempio bisogna identificare un tessuto normale da utilizzare come riferimento, dipende dal tempo di acquisizione e dalla glicemia, inoltre durante la  terapia può variare la captazione di radiofarmaco (in dei tessuti normali, per cui  il  T/N può modificarsi anche quando il tumore è invariato. Inoltre non tiene in considerazione l’attività somministrata e il peso del paziente, fattori variabili tra un’esame ed il successivo di follow up. 

SUV (Standardised Uptake Value = concentrazione del tracciante/ dose iniettata* fattore di correzione che in genere è il peso corporeo, l’indice di massa corporea, superficie corporea) e SUVmax (ottenuto da voxel con il valore maggiore di SUV nella regione di interesse). Non necessita di un tessuto normale di riferimento. È un parametro che dipende da numerosi fattori (peso corporeo, tempo tra iniezione e acquisizione, glicemia), ma ha il vantaggio di essere semplice da ottenere e largamente utilizzato, misurabile con i più comuni software che equipaggiano i tomografi PET/TC. Il SUVmax non può però rappresentare l’attività totale dell’intero tumore perché un singolo voxel non può riflettere l’eterogeneità dell’intera massa neoplastica. Per questo alcuni autori preferiscono il SUVmean (media dei valori di SUV nella regione di interesse) o il SUVpeak (media dei valori di SUV su una piccola regione centrata sul voxel del SUVmax). 

MTV (metabolic tumor volume) rappresenta il volume di tessuto contornato che presenta uptake di FDG, 

TLG (Total Lesion Glycolysis) è derivato da MTV e SUVmean  (Total Lesion Glycolysis = MTV * SUVmean).

Gli ultimi due parametri descritti, MTV e TLG,  hanno mostrato in molti studi di letteratura migliori risultati rispetto al SUV nella valutazione della prognosi e delle caratteristiche della neoplasia, sebbene il loro reale significato  nella pratica clinica debba essere ulteriormente valutato. Ulteriori indici radiomici sono rappresentati da parametri di forma (e.g. sfericità, allungamento, etc.) e di tessitura (quali statistiche del primo ordine, istogrammi di intensità, matrici di co-occorrenza, etc.) Sebbene l’interesse scientifico su questi parametri sia molto elevato, tuttavia la loro trasferibilità a livello clinico risulta ancora limitata, in particolare per l’assenza di criteri di calcolo standardizzati, la mancanza di linee guida specifiche e l’assenza di casistiche pubbliche sufficientemente ampie.   

Inoltre, questi indici sono sensibili a varie interferenze, tra cui la glicemia, l’ intervallo somministrazione-acquisizione, le caratteristiche del paziente, il  movimento del paziente, i parametri di acquisizione e ricostruzione, il tipo di contornamento – tutti fattori che limitano l’impiego routinario nella pratica clinica. Infatti immagini diagnostiche acquisite  nello stesso paziente in tempi e condizioni diverse (in staging e re-staging ad esempio) possono determinare variazioni importanti   a priori che rendono non sempre riproducibili, attendibili e sufficientemente accurati,  gli indici ottenibili. I processi infiammatori dopo radioterapia o chemioterapia  possono  rappresentare fattori interferenti, i valori di glucosio ed insulina possono variare a causa del trattamento, il peso del paziente generalmente si può modificare tra un esame basale e di follow-up. Ne consegue  che si può modificare la captazione del radiofarmaco e quindi i parametri ad essa connessi. 

Tutti gli esempi riportati mostrano come i parametri ottenuti con la radiomica siano utili per contribuire alla caratterizzazione in vivo di malattia, ma siano ancora poco utilizzabili nella comune pratica clinica a causa delle limitazioni sopra riassunte.

I campi di applicazione della radiomica nell’imaging medico nucleare, testimoniati da un ampio ventaglio di lavori scientifici presentati sulle più importanti riviste internazionali, riguardano  principalmente le tecniche PET/CT e PET/MR nelle neoplasie polmonari, cerebrali, prostatiche e ginecologiche. Le malattie linfoproliferative, i carcinomi tiroidei e le altre forme  tumorali rappresentano campi di impiego promettenti, nei quali però non c’è ancora una vasta letteratura. Esistono software standardizzati commerciali che forniscono un  servizio completo di analisi di imaging diagnostico, in particolare radiologico,  e di reportistica quantitativa strutturata, volti ad  offrire al medico un supporto decisionale nella caratterizzazione di malattia, al fine di migliorare l’accuratezza diagnostica e  la valutazione prognostica.  Tuttavia, l’impiego nella pratica clinica di routine, non è ancora diffuso né standardizzato. In tale ottica è auspicabile che il medico riceva una formazione specifica in modo tale che possa imparare ad usare in modo adeguato e cosciente i vari strumenti conoscendone i limiti. 

In particolare, in considerazione della necessità di standardizzare le tecniche ed i software e di fornire ai medici possibilità di training sull’argomento, può essere di sicura utilità la possibilità di creare database pubblici di immagini omogenee acquisite da differenti centri, su cui i medici si possano “addestrare” e confrontare. Ciò è particolarmente importante alla luce del fatto che non  tutti  i software disponibili sono garantiti e certificati, per cui l’impiego nella refertazione non è ancora validato e la competenza del medico sull’argomento è fondamentale.

In conclusione, seppure l’applicazione di tecniche di AI in ambito diagnostico rappresenti un’importante frontiera di ricerca,  l’utilizzo abituale di tali tecniche nella pratica clinica rappresenta ancora un impegnativo traguardo da raggiungere. 

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