Entrata in vigore del REGOLAMENTO 536/2014 in tema di sperimentazione clinica di medicinali per uso umano: scenari vecchi e nuovi in Medicina Nucleare

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Maria Cristina Marzola

Maria Cristina Marzola

Sulla gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 27 maggio 2014 è stato pubblicato il Regolamento
in tema di sperimentazione clinica di medicinali per uso umano (Regolamento UE n. 536/2014) (1),
che sostituisce la direttiva 2001/20/CE (2). La sua applicazione è ancora attesa (prevista per il
2022), in quanto subordinata all’attivazione di un portale unico UE europeo cui presentare le
richieste. Lo scopo del nuovo regolamento è stato quello di colmare una serie di carenze
normative, tramite la creazione di un quadro uniforme per l’autorizzazione degli studi clinici da
parte di tutti gli stati membri. Se da un lato, infatti, la direttiva 2001/20 aveva introdotto dei
miglioramenti in tema di sicurezza e di validità etica delle sperimentazioni cliniche, dall’altra ha
visto un incremento dei costi, degli obblighi amministrativi e del tempo medio d’attesa, con una
riduzione delle domande di sperimentazione del 25% dal 2007 al 2011. I radiofarmaci utilizzati in
Medicina Nucleare a scopo diagnostico e terapeutico sono considerati farmaci a tutti gli effetti e
sono di conseguenza dipendenti dalla legislazione che norma questi ultimi, compresa quella
relativa alla sperimentazione
Il Regolamento 536/2014 ha apportato modifiche sia generali che più specifiche nel contesto della
sperimentazione con radiofarmaci.
Le modifiche generali sostanziali sono sostanzialmente rappresentate dalle seguenti:
 Si tratta di un regolamento (e non più di una direttiva), quindi di una procedura “self-
executing”, per la quale non è previsto nessun atto di recepimento od attuazione nazionale
(pur se non sarà possibile evitare del tutto l’intervento locale, per non venire in contrasto
netto con le normative nazionali)
 Prevede un portale unico UE, gestito dalla Commissione Europea, per la presentazione delle
domande di sperimentazione, che consentirà la gestione centralizzata, evitando i
“doppioni” e le richieste sovrapponibili.
 Prevede una cospicua riduzione dei tempi di autorizzazione, riconoscendo un “promotore”
della sperimentazione, che presenta il dossier e identifica un “Reporting Member State’ che
valuterà la proposta e ne autorizzerà di fatto l’esecuzione o meno entro 45 giorni.
 Richiede una centralizzazione della revisione etica degli studi, per cui ogni stato membro,
per partecipare alle sperimentazioni, deve allineare la tempistica e le procedure per la
valutazione dei Comitati Etici.
 È prevista la possibilità di co-sponsorizzazione di un progetto di studio da parte di un
promotore che può delegare in parte o “in toto” i suoi compiti a una persona fisica, a una
società, a un’istituzione o a un organismo.
 Consente una maggiore trasparenza sullo svolgimento degli studi, dalla loro autorizzazione
fino ai risultati, con pubblicazione anche di una sintesi di questi ultimi in linguaggio
semplice, per consultazione dal pubblico.
 Introduce il concetto di “sperimentazione a basso livello d’intervento”, che consente una
valutazione più rapida e termini assicurativi più agevoli e meno onerosi per procedure
sperimentali che prevedano solo un minimo rischio aggiuntivo rispetto a quando il farmaco sia usato nelle indicazioni d’uso autorizzate, o in conformità con l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), o sulla base di robusta evidenza scientifica pubblicata.

Pur rientrando nel grande gruppo dei “farmaci”, i radiofamaci mostrano alcune innegabili
peculiarità, di cui bisogna tener conto e che riguardano in particolare la loro la natura radioattiva
(per cui sono assoggettati anche alla normativa sulla radioprotezione, Decreto Legislativo
101/2020, recentemente emanato come attuazione di Euratom 2013), la loro la validità “limitata”
nel tempo, legata all’emivita del loro radionuclide, il tipo di attività che essi esplicano, poiché di
fatto il “principio attivo” è la radiazione stessa, e le quantità somministrate, decisamente molto
piccole. Questo ha richiesto, nel tempo, la definizione di specifiche regole sia per caratterizzare
l’ambiente di preparazione dei radiofarmaci stessi in strutture sanitarie (Radiofarmacia), sia per
assicurare la qualità delle preparazioni. A livello europeo esistono norme comunitarie di buona
fabbricazione dei radiofarmaci (Good Manufacturing Practices, GMP), caratterizzate da
un’estrema complessità, poiché richiedono come responsabile del processo produttivo una
“qualified person” certificata, personale con elevata competenza e con distinzione per ogni lotto
fra gli addetti alla produzione e al controllo di qualità, particolari requisiti strutturali, nonché un
complesso sistema di tracciabilità, documentazione ed etichettatura. Nell’agosto del 2009 sono
entrate in vigore in Italia (dopo pubblicazione su Gazzetta ufficiale del 2005) (3) le Norme di Buona
Preparazione dei Radiofarmaci in Medicina Nucleare (NBP-MN), le quali sostanzialmente si basano
sugli stessi principi di qualità delle GMP in termini di assicurazione della qualità ma con modalità
operative e richieste strutturali un po’ meno impegnative e sistema burocratico meno pesante,
quindi più facilmente implementabili, specie in ambito ospedaliero.
Nel contesto legislativo che precedeva il regolamento 536, secondo l’articolo 13 della direttiva
2001/20 sia le sperimentazioni “profit” che “no profit” con radiofarmaci richiedevano
l’applicazione di GMP ed erano dipendenti da autorizzazione dell’autorità competente (AIFA). Con
l’art. 16 del dl.vo 200/2007 (4), il legislatore italiano ha tuttavia, concesso (in deroga al DLg
2001/20), nel contesto di strutture ospedaliere pubbliche od equiparate ed istituti di ricerca e solo
per sperimentazioni “no profit” e per prodotti utilizzati nella struttura di produzione e in quelle
partecipanti allo stesso trial multicentrico, la preparazione di radiofarmaci sperimentali senza
necessità di GMP, operando cioè secondo le norme vigenti per la preparazione dei radiofarmaci
sperimentali, quindi, di fatto, tramite le NBP.
La 536/2014 rappresenta il primo riferimento normativo europeo in cui viene riconosciuta la
particolare natura dei radiofarmaci e in cui, almeno in parte, le disposizioni per essi divengono
peculiari. Il nuovo regolamento richiede, infatti, la necessità di autorizzazione e di produzione in
GMP (con tutti gli oneri che questo comporta) per la fabbricazione dei medicinali sperimentali, ma
prevede una deroga per alcune categorie, fra cui proprio i Radiofarmaci, per i quali è quindi
concessa l’applicazione delle normative dello stato membri interessato (in Italia, le NBP) La
deroga non viene però concessa per tutti i radiofarmaci ovunque prodotti, ma soltanto per quelli
che verranno utilizzati a scopo “diagnostico” (e non a quelli che saranno invece usati a scopo
terapeutico), solo se prodotti in strutture ospedaliere o similari dotate di radiofarmacia che
produca in NBP, senza scopo di lucro, e siano utilizzati nella struttura di produzione o in strutture
ospedaliere o centri clinici o di ricerca che rientrino nel medesimo trial clinico, alle quali devono
essere fornite gratuitamente (Art. 61, Art. 63). La stessa deroga è prevista per le etichettature dei

prodotti, nelle quali gli Art. 67 e 68 prevedono delle semplificazioni per i radiofarmaci sperimentali
rispetto agli altri (per il quali risultano assai complesse).
L’attuazione del nuovo regolamento apre sicuramente uno scenario innovativo nella
sperimentazione con radiofarmaci, rappresentando un’opportunità da sfruttare, senza, tuttavia,
rispondere a tutti gli unmet clinical needs, da cui la necessità di individuare una serie di criticità su
cui gli stakeholders possano intervenire. Indubbiamente la deroga da GMP e la possibilità di
produrre radiofarmaci diagnostici in NBP nelle radiofarmacie ospedaliere e di consentirne la
fornitura gratuita a tutti i partecipanti dello studio rappresenta un vantaggio per gli studi “no
profit”. Teniamo comunque conto che questo non vale per i radiofarmaci ad uso terapeutico (che
stanno assumendo invece un’importanza sempre maggiore in ambito medico nucleare, grazie alle
tecniche di teragnostica e alla possibilità attuale di eseguire un maggior numero di terapie
radiometaboliche senza necessità del ricovero protetto), per i quali viene mantenuto l’obbligo delle
GMP, e che implementare le GMP in ambito ospedaliero è molto complesso e dispendioso, in
termini di dispositivi e personale. Un importante vantaggio è anche rappresentato dallo
snellimento delle procedure secondo il concetto di “basso livello d’intervento”, poichè svariate
sperimentazioni in campo medico-nucleare potrebbero verosimilmente rientrare in questo gruppo.
Certamente, non è chiaro il ruolo delle industrie (che non rientrano fra le categorie che possano
sviluppare radiofarmaci sperimentali senza GMP, nemmeno di tipo diagnostico); si può
probabilmente prevedere lo sviluppo di possibilità di intervento commissionando uno studio
clinico ad una struttura sanitaria, o co-sponsorizzandolo. Particolare importanza avrà inoltre, nel
contesto italiano, il problema della centralizzazione dei comitati etici, che in Italia sono
attualmente 90; i decreti attuativi della legge Lorenzin 2018 (5), che avrebbero dovuto ridurli a 40,
non sono ancora entrati in vigore, e vi è dunque un rischio di incompatibilità, all’entrata in vigore
della 536.
In questo contesto, sarà mandatorio un’ulteriore intensificazione della collaborazione del medico
nucleare con altre figure professionali (radiochimici, radiofarmacisti). Un ruolo essenziale sarà,
inoltre, verosimilmente giocato dalle Società scientifiche, nel favorire l’interdisciplinarietà e in
termini di interlocuzione con le istituzioni (AIFA, Ministero della Salute) e con le industrie
(favorendo l’instaurarsi di relazioni, anche contrattuali con le strutture sanitarie), nonché di
promozione/organizzazione di trials clinici, anche co-sponsorizzati e anche con un unico Promotore
e più protagonisti, definendo la partecipazione di questi ultimi attraverso rigidi standard
metodologici.
Bibliografia:
1) Regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014,
sulla sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano e che abroga la direttiva
2001/20/CE. Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, L.158, del 27 maggio 2014.
2) Direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001,
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli stati membri relative all’applicazione della buona pratica clinica
nell’esecuzione delle sperimentazioni cliniche di medicinali per uso clinico”, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 184 del 9 agosto 2003 – Supplemento ordinario n. 130.

3) DECRETO 30 marzo 2005 Approvazione e pubblicazione del I supplemento alla XI edizione
della Farmacopea ufficiale della Repubblica italiana. (GU Serie Generale n.168 del 21-07-
2005)
4) Decreto LEGISLATIVO 6 novembre 2007 n. 200: Attuazione della direttiva 2005/28/CE
recante principi e linee guida dettagliate per la buona pratica clinica relativa ai medicinali in
fase di sperimentazione a uso umano, nonchè requisiti per l’autorizzazione alla
fabbricazione o importazione di tali medicinali. (GU Serie Generale n.261 del 09-11-2007 –
Suppl. Ordinario n. 228)
5) LEGGE 11 gennaio 2018, n. 3: Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di
medicinali nonchè disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza
sanitaria del Ministero della salute. (GU Serie Generale n.25 del 31-01-2018)

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