di Anna Chiara Arnone
Negli ultimi anni si è molto discusso se sia preferibile utilizzare il termine “teranostica” o “teragnostica”, inteso che entrambi si possano riferire alla possibilità di coniugare terapia e diagnosi. Tuttavia il greco, lingua di Galeno ed Ippocrate, oltre che per diversi secoli lingua universale dell’erudizione, parrebbe precisare che in “teranostica” la seconda parte della parola si possa più facilmente riferire alla malattia (nòsos) che alla diagnostica ed il contenzioso si è definitivamente volto a favore del corretto uso di “teragnostica”, entro cui la sinergia di “therapeía” e “gnòsis” enfatizza la presenza di quest’ultimo termine da tradursi in “conoscenza” (Frangos S, Buscombe JR. Why should we be concerned about a “g”? Eur J Nucl Med Mol Imaging. 2019).
Superato il dilemma linguistico, è opportuno ricordare che la Medicina Nucleare, Disciplina clinica che è in sè, ontologicamente, molecolare e funzionale in qualsivoglia applicazione (anche le più apparentemente “banali”, come una scintigrafia tiroidea), è stata anche teragnostica “ante litteram”, dalla sua nascita. Infatti, se il termine risale ai primi anni del secolo attuale, la capacità di combinare obiettivi diagnostici e terapeutici fa parte della storia naturale della Medicina Nucleare (Verburg et al. Nothing new under the nuclear sun: towards 80 years of theranostics in nuclear medicine. Eur J Nucl Med Mol Imaging. 2014). Risale agli anni ’30 l’uso del 32P nello studio del metabolismo osseo e nella terapia della policitemia vera.
La teragnostica utilizza la conoscenza di informazioni biologiche e molecolari del singolo paziente in vista della scelta di trattamenti sempre più efficaci e mirati, o meglio “personalizzati”, in un’era in cui il paziente inteso come entità individuale, è sempre più al centro del nostro interesse.
Il viraggio da una finalità di imaging diagnostico a terapeutico si può ottenere:
– modificando il radionuclide, somministrato come tale, sulla scorta di proprietà fisiche diverse (ad es. il tempo di dimezzamento fisico TF e la Energia di emissione) o dell’attività. E’ il caso dei vari radioisotopi dello iodio: 123I e 124I, utilizzati a fini diagnostici, il primo preferito in ambito pediatrico, anche se più costoso, per il suo relativamente breve TF di 13.2 h e E gamma di soli 159 KeV, mentre il secondo, positrone-emittente, ha un TF di circa 4 giorni (l’approccio PET/CT permette, inoltre, una stima dosimetrica pre-terapia, consentendo la somministrazione di un’attività personalizzata, obiettivo la cui importanza è particolarmente sottolineata dal D. L.vo n. 101/2020). Il 131I è utilizzato a fini sia diagnostici (sfruttando l’emissione gamma, che costituisce il 10% della radiazione emessa, con il picco principale di 364 KeV) sia soprattutto terapeutici (per il suo TF di 8.02 giorni e utilizzando l’emissione di particelle beta-, che costituisce il 90% della radiazione emessa), somministrando nei due casi attività molto diverse (ad es. in diagnostica tiroidea – nella scintigrafia della tiroide o nella scintigrafia total body nel follow up post-tiroidectomia – o nella terapia radiometabolica dell’adenoma o del carcinoma tiroideo differenziato);
– modificando il radionuclide incorporato in un radiofarmaco (RF), utilizzando: a) radioisotopi dello stesso elemento, ad esempio nel caso delle neoplasie neuroendocrine nelle quali viene posta indicazione alla MIBG (analogo strutturale della guanetidina, falso trasmettitore concentrato nelle vescicole intracellulari di neurosecrezione delle cellule cromaffini, che traccia il metabolismo delle catecolamine, come nel feocromocitoma, nel paraganglioma, nel neuroblastoma) marcata con 123I o 131I; b) radioisotopi di elementi diversi, caratterizzati da parametri fisici (tipo di radiazione emessa – fotoni gamma, positroni o corpuscolata – ed energia) completamente differenti, che determinano effetti biologici peculiari nell’interazione radiazione-materia vivente: nei NET, i DOTA-derivati (DOTATOC, DOTANOC, DOTATATE), analoghi della somatostatina, ligandi a diversa affinità delle isoforme dei recettori SST, con un chelante (il DOTA) che crea complessi molto più stabili del solo octreotide, marcati con 68Ga in diagnostica e con 90Y o 177Lu per la terapia radiorecettoriale (PRRT, Peptide Receptor Radionuclide Therapy); nel carcinoma della prostata (PCa) il PSMA, ligando diretto verso il target antigenico iperespresso nel 90% dei PCa, marcato con 18F o 68Ga in diagnostica e con 177Lu o 225Ac, entrambi beta-emittenti, in terapia, anche in associazione (“tandem therapy”). Inoltre, il PSMA, può essere marcato con isotopi del rame (64Cu e 67Cu, con finalità rispettivamente diagnostiche e terapeutiche).
E’ importante considerare un fenomeno chiamato “approccio Dual-PET” che evidenzia, sia nei NET sia nel PCa, in uno stadio precoce una possibilità di imaging radiorecettoriale ed una negatività all’FDG-PET, che invece diventa positiva nei casi avanzati, meno differenziati e più aggressivi, quando i recettori si internalizzano (“downstaging”) e si ha un ipermetabolismo glucidico.
E’ evidente come l’epifenomeno descritto sottenda fondamentali informazioni, clinicamente gestibili dal punto di vista del management terapeutico (razionale per la terapia recettoriale, radiante o fredda, alone, o con indicazione per altre linee terapeutiche, anche in combinazione o in sequenza) e prognostico.
Per quanto l’obiettivo di questo intervento non è certamente essere esaustivi, rappresentando la Terapia medico-nucleare una delle due anime della Disciplina, in affascinante espansione al pari della Diagnostica PET, per cui si rimanda alla vastissima letteratura relativa, non si può non cogliere l’occasione, parlando ad una classe di lettori rappresentativa dell’intera Area Radiologica, per condividere alcune informazioni circa qualche altra applicazione clinica meritevole di interesse oltre a sviluppi ancora in fase sperimentale. Il 223Radio-dicloruro, comportandosi da calcio-mimetico, alfa emittente, trova estesa indicazione nei pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (mCRPC), con un numero di localizzazioni scheletriche >6 all’imaging scheletrico (ottenuto tramite scintigrafia ossea con difosfonati tecneziati o tramite PET con 18F-fluoruro, non avendo il 223Radio-dicloruro un imaging diagnostico di qualità confrontabile), senza lesioni viscerali e dopo aver effettuato almeno 2 trattamenti di prima linea. Inoltre non può essere usato in contemporanea con abiraterone, in quanto l’associazione aumenta il rischio di fratture. Accenniamo appena ad alcuni scenari in via sperimentale quali i RF marcati con 227Torio in vari oncotipi (carcinoma della mammella, prostata, polmoni, stomaco e LNH).
Abbiamo visto come in un RF il carrier determina le caratteristiche chimiche e, dunque, condiziona la sua biodistribuzione che si traduce in un dato tropismo – indipendente dalle caratteristiche fisiche del radioisotopo – attraverso una via metabolica, recettoriale, immunologica, comunque molecolare, specifica, per cui la Terapia con radioisotopi va definita con il termine comprensivo di “Terapia medico-nucleare” (e non più “metabolica”, che è limitante, essendone oggi solo una parte), pienamente inserita, come “Targeted Radiotherapy”, nel contesto della Medicina personalizzata e di precisione e può essere anche “guided”, riguardo all’appropriatezza della sua indicazione ed all’attività da somministare (ottimizzazione della dosimetria), da un’informazione diagnostica.
Per il suo valore clinico aggiunto in precise fasi della storia (naturale o dopo terapie primarie, chirurgica e/o radiante) di alcuni oncotipi, la teragnostica va guadagnandosi sempre più spazio nelle Linee Guida delle Associazioni Scientifiche oncologiche e radioterapiche, con una auspicabile anticipazione nell’algoritmo integrato, evitando che ricorrano alla terapia medico-nucleare solo pazienti pluritrattati o in fase terminale.
Il Medico Nucleare, in un approccio multidisciplinare, con le sue conoscenze da Fisiopatologo Clinico dotato di strumentazioni – da quelle tradizionali a quelle ibride (SPECT/CT, PET/CT e PET/MRI) – e di radiofarmaci, ha in sé le competenze sia diagnostiche sia terapeutiche, dunque “teragnostiche”, necessarie.
Annachiara Arnone
per AIMN giovani